Era da tanto tempo che desideravo fare una recensione di Padre Ricco Padre Povero di Robert Kiyosaki. Un libro di finanza personale di grande successo, capace di vendere milioni di copie rendendo l’autore uno dei personaggi più conosciuti nell’ambiente.
La sintesi estrema è semplice: è una merda.
Rich Dad Poor Dad (questo il nome originale) è un libro scritto male, ridondante, vuoto di contenuti, ego riferito in una maniera che manco Elon Musk dopo 18 espressi.
Come se non bastasse, dei quattro concetti diluiti in 200 pagine se ne sono appropriati tutti i fuffa guru, soloni, content creator da quattro soldi e pseudo imprenditori del mondo.
Insomma un bel tracking record!
Visto che il libro Padre Ricco Padre Povero ha già venduto abbastanza negli ultimi decenni, oggi lo smonto un po’ e vi evito di buttare secondi preziosi della vostra esistenza.
Considerate che uno dei tag dell’articolo è #Brutal.
LA TRAMA DI PADRE RICCO PADRE POVERO
Padre Ricco Padre Povero parte dall’esperienza di vita di Kiyosaki e dai due padri che lo hanno cresciuto: due persone che hanno un rapporto con il denaro diametralmente opposto e che infatti vengono chiamati padre povero e padre ricco.
Da una parte c’è il padre naturale di Robert, il padre povero, un professore sempre a corto di denaro e che spinge il figlio a studiare, lavorare sodo e continuare il suo lavoro da dipendente. Dall’altra parte c’è il padre ricco, il genitore del suo migliore amico, un imprenditore che insegna al giovane Kiyosaki come far lavorare il denaro per lui.
Il libro segue il racconto della consapevolezza finanziaria del giovane Robert il quale comincia a metabolizzare le lezioni positive del padre ricco e ad essere sempre più critico sul modello di vita del padre povero.
È un’esperienza chiaramente romanzata e fittizia ma la struttura narrativa serve per far spiegare all’autore il suo modello di gestione del denaro:
- Fuggire dalla corsa del topo (Rat Race) ovvero al modello di vita tipo della realtà borghese: studia, lavoro dipendente, casa, famiglia e risparmio
- Rendita passiva e far lavorare il denaro in automatico
- Pensare sempre prima a se stessi
- Capire la differenza tra attivi e passivi
L’ultimo punto è quello su cui gira tutto il libro. Per gira intendo decine di pagine in cui viene espresso lo stesso cazzo di concetto. Emblematico del rincoglionimento dei lettori e della mancanza di contenuti del libro stesso.
Il bello è che il concetto è semplice e (incredibile!) anche intelligente: se fa guadagnare soldi è un attivo. Se invece i soldi te li fa spendere è un passivo.
Insomma comprare degli ETF che producono dividendi è un attivo in quanto questi producono un costante flusso di cassa. Lo è anche acquistare un immobile messo in affitto o rilevare una partecipazione in un’attività (come un ristorante) ben gestita.
Passivo invece è acquistare una macchina la quale perderà valore e ha la costante necessità di manutenzione e carburante per funzionare.
È tutto qui. Giuro. 208 pagine di questo.
Potreste pensare che il libro continui a seguire la metafora del padre ricco padre povero tramite una serie di lezioni insegnate dal padre imprenditore ma… no.
A un certo punto il libro ha uno switch. Il racconto del passato non esiste più e si torna al presente in cui Robert ci tiene a ricordarci quanto è fico e di come dobbiamo ringraziarlo per aver scritto la sua opera.
Si prende anche (parecchio) spazio per dell’auto glorificazione personale… così tante pagine da fondare un nuovo generare letterario: la narrativa onanista.
Stile con grande seguito, tra l’altro. E poi niente. Padre ricco padre povero finisce così.
Giuro, de botto. Così, a cazzo de cane.
PERCHÈ I LIBRI DI KIYOSAKI SONO UNA PESSIMA LETTURA
Ci ho messo più tempo del dovuto a raccontarvi la trama del libro Padre Ricco Padre povero, quindi ora debbo spiegarvi perché è una perdita di tempo leggerlo.
Non solo per i metodi fallaci ma anche per i danni collaterali dell’autore nippo americano.
I suoi libri hanno avuto e tuttora hanno un’enorme influenza nella narrativa di tanti omologhi: troverete schemi simili ovunque e in particolare nella comunicazione finanziaria online.
1. PENSARE SOLO A SE STESSI
Uno dei concetti del libro è di pensare prima a se stessi e poi al resto. Più volte Kiyosaki sostiene la necessità di pagarsi per primi e poi tutto il resto: dai dipendenti sino alle tasse. Sempre SE si pagano.
Oltre a fottersene grandemente degli altri Robert ce l’ha molto con le tasse che considera immorali, ingiuste, un ladrocinio.
È incredibile come il suo astio ricordi molto quello dei piccoli imprenditori del bel paese:
Che il Pojana e i suoi fratelli di Pennacchi sia un’ammirevole critica a Padre ricco, padre povero?
La filosofia egoista raggiunge veri e propri livelli di parassitismo. È il classico tizio che incontrate per strada, si lamenta di due minuti di ritardo del bus ma non paga il biglietto. Inutile dire è lo stesso che non ha mai emesso uno scontrino in 40 anni di attività commerciale.
Ma la cosa ancora peggiore, quella che vi dovrebbe far proprio temere il personaggio, è come Kiyosaki veda nel denaro l’unico scopo dell’esistenza. Sfogliando le pagine emerge che venderebbe anche la madre per raggranellare due soldi in più.
Una persona così arida come può fare i vostri interessi o darvi qualcosa di buono?
Siete solo un mezzo.
2. VENDERVI DI TUTTO
Da piccolo mio padre mi raccontava parecchie storielle economiche. Ci teneva in particolare a farmi capire la differenza tra essere un imprenditore e un venditore.
Il primo costruisce qualcosa utilizzando il suo talento e i suoi soldi. Guarda al futuro e organizza per il medio e lungo periodo. Il venditore arraffa.
Non tutti eh, ma in generale cerca di guadagnare e stop. Non gli importa come, gli importa solo di chiudere il contratto.
Per riuscire nello scopo non guarda in faccia a nulla pur di vincere.
Ecco Kiyosaki arraffa. Direttamente e indirettamente, senza tanti schemi morali.
Guardate il vostro feed su youtube. Ci sono un sacco di omologhi.
3. SOLLETTICARE LE FANTASIE “REMOTE”
L’imprinting principale è la critica a quello che viene chiamata Rat Race.
Potrei definirla come quello stile di vita borghese, il cosiddetto sogno americano.
Un tipo di vita sereno e stabile: studiare, farsi casa e famiglia, avere un lavoro sicuro, vivere una pensione tranquilla per poi morire nel letto. Questo al netto di tutte le difficoltà o rinunce che questo comporta.
Padre ricco padre povero propone un modello per fuggire da questo stile di vita noioso e al lavoro per tutta la vita. Il manuale (dovrebbe) essere una scorciatoia per arricchirsi facilmente e vivere una vita piena, libera e senza rinunce.
Andare in pensione prima si può pure fare ma la versione di Kiyosaki è semplicistica.
Anzi dirò di più!
In Padre Ricco Padre Povero non c’è alcun modello, non c’è una spiegazione vera e propria del percorso da seguire. Il libro è solo un racconto, una storiella da cui il lettore dovrebbe trarre una morale. Non c’è statistica o scienza, niente.
Nella realtà il libro solletica sapientemente il desiderio comune di prendere in mano la propria vita, di non dover rinunciare a nulla e soprattutto di non lavorare.
Kiyosaki sa benissimo quanta gente sia desiderosa di questa vita. Sa quanti siano deboli a queste sirene e di quante persone siano ormai corrose dalla quotidianità. Lo sa e perciò gli fornisce esattamente quello che vogliono: sentire una storia al fine di fotterli.
Padre Ricco Padre Povero è questo. Una storiella per rimpinguare il conto dell’autore.
Questo modello ormai imperversa ovunque nella narrazione personale delle tante (finte) storie di successo di creator, youtuber, corsisti, esperti di qualsiasi cosa. É cosi inconscio che viene pubblicato anche nei giornali, tipo quando parlano di (sempre finti) fenomeni under 30.
Se vi sentite sopraffatti da queste notizie o vi colpiscono nel profondo, fermatevi. Non comprate nulla e non credeteci. Sono cazzate.
La realtà è ben diversa, nulla è mai semplice o scontato.
4. NARRAZIONE EGORIFERITA
La parola più usata in nel libro di Kiyosaki è “io”.
Vi giuro è un mantra di ego ripetuto come un tamburo shintoista.
Non ho contato quante volte ci sia nel testo ma è un costante io contro tutti, un “ho fatto”, “ho detto”, “mentre gli altri facevano io”.
Per primo emerge la volontà di mettervi contro il mondo. La logica dell’Io costruisce una narrazione in cui, impersonificandosi nell’autore, ci si sente parte di un’elite. Il solo leggere il libro del guru ci rende unici. Membri di una sett…. ehm di un gruppo in cui si parla di concetti così alti che gli altri non riescono proprio a comprendere. Poveri fessi!
Già questo dovrebbe spiegarvi molto della comnunicazione fuffarola.
L’altro problema è che tutto è sempre incentrato su un’esperienza personale usata come modello per vendere le proprie teorie.
La narrazione è sempre lineare, perfetta, un crescendo di successo fin dalla più tenera età. La struttura è quella de Il viaggio dell’Eroe su cui si basato tutti i film e le serie tv moderne.
Il problema è che adepti e fuffaroli sono dei pessimi sceneggiatori e parlando di se stessi devono per forza crogiolarsi nel loro brodo di auto elogio.
Sapete poi qual è l’effetto di questo modello?
Persone come me che avrebbero una storia vera da mettere sul piatto hanno il timore di raccontarsi. Tutte le volte che parlo di me stesso ho una ritrosia nell’usare l’Io (un ottimo modello narrativo) proprio per il timore di essere confuso con i Kiyosaker.
Ecco il doppio danno di Padre Ricco Padre povero: raccontare una storia ricca di cazzate e intorbidire quelle che hanno una natura veritiera.
5. TANTE PAROLE POCHI CONCETTI
Padre Ricco Padre Povero poteva essere più corto di questo articolo.
E invece è un libro di 208 pagine.
Certo, è uscito quando non c’erano tante alternative valide alla pubblicazione ma rimane un testo che si rigira sugli stessi concetti. Anzi, sullo stesso: la differenza tra attivi e passivi.
Il libro è una marea di parole in cui si diluiscono due idee in croce.
E questo annacquare è rimasto nella comunicazione online: avete fatto caso a quanto sono lunghe le landing page di corsi o di prodotti learning?
Si tratta di pagine e pagine di contenuti in cui viene spiegato minuziosamente cosa comprerai.
Ma io dico, se scrivi tutto là e ci metto un’ora a leggere la landing nel video corso di 45 minuti che cazzo mi insegni? La stessa roba?
Chi parla troppo ha le idee confuse od è troppo innamorato di se stesso. Diffidate da chi è troppo prolisso*. La sintesi è un arte.
CONCLUSIONI SUL LIBRO PADRE RICCO PADRE POVERO
Padre ricco padre povero è diventato molto noto perché è uno di quei contenuti capaci di rendere semplici scelte complesse.
Semplici, non banali! Se fossero banali la gente non gli darebbe il giusto peso.
La narrativa di Kiyosaki attrae perché coglie le debolezze e le speranze di ognuno di noi: il diventare ricchi o benestanti, godersi la vita, arricchirsi velocemente, avere rendite passive non facendo un cazzo. E nei libri il nostro nippo-americano spiega un “metodo” a portata di tutti per realizzare questi obiettivi con poco sforzo.
Per carità ci sono anche dei concetti interessanti ma sono così tanto diluiti in una vagonata di nulla che è inutile consigliarvi la lettura.
Se volete potete leggere Padre Ricco Padre Povero con lo spirito di un ricercatore o con lo stesso gusto trash di binge watching alla Tempation Island.
Quando sentite inneggiare Kiyosaki o lo vedete nominato nelle fonti di una bibliografia, in un reel che spiega cosa sia la Finanza Personale o in qualsiasi altro contenuto divulgativo… scappate. Disicrivetevi dal canale e skippate ogni contenuto futuro.
Siete di fronte a qualcuno che non ha capito un cazzo del tema, ha una visione superficiale o sta tentando di vendervi qualcosa.
Passate oltre, ci sono libri di finanza molto migliori.
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* Si anche io sono diventato prolisso nello scrivere ma certi temi NECESSITANO di spazio. La Comunicazione instagram style è folle: più sintetizzi più banalizzi i concetti. In finanza banalizzare dovrebbe essere un reato.
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