Siamo degli esseri che amano vivere nel senno di poi. Ci piace tanto puntare il dito e dire con un po’ di autocompiacimento “Ah, io lo sapevo! L’ho detto”.
In mezzo ai nostri mille bias alla fine quella cosa non l’avevamo detta. Il problema poi è che l’abbiamo capita solo a posteriori, mica quando è succesa davvero.
Una bolla finanziaria è anche un po’ questo. Leggiamo sui libri di storia de la bolla dei tulipani e ci chiediamo come abbiano fatto a cascarci i nostri avi del 1600. Quei fessi.

Bravo, la stessa reazione di migliaia di altre persone truffate da qualche crollo di borsa a causa di una serie di speculazioni finanziarie.
Comprendere un libro è facile (non per tutti), riuscire a intercettare la realtà nel presente molto meno.
Questo perché la nostra natura tende a credere alle storie, a seguire il gregge, ad essere avida, a voler fare soldi facili e ad essere un po’ ottusa.
Ma ora basta parlare di me, è il momento di spiegarti cos’è una bolla finanziaria e quali sono le bolle finanziarie nella storia. Quelle che non conoscete, eh.
COS’È UNA BOLLA FINANZIARIA
Avete presente una bolla di sapone?
Prendete il vostro detergente, unitelo all’acqua e grazie a un beccuccio cominciate a soffiare aria delicatamente. La goccia comincerà a gonfiarsi, diventando centinaia di volte più grande rispetto alle condizioni originali.
Sembra una magia, eh? Eppure è una crescita effimera.
La bolla è destinata a smaterializzarsi in pochi secondi perché la sua struttura non è fatta per resistere: la bolla di sapone non contiene nulla di concreto.
Si tratta di un gioco, un’illusione fatta per divertire.
Una bolla finanziaria è lo stesso. Un titolo azionario, un progetto finanziato tramite obbligazioni, degli strumenti derivati oppure un intero paese o settore di mercato gonfiati in maniera innaturale e che a un certo punto… puff! Esplodono!
Nel mezzo di una bolla finanziaria però non ci sono le risate dei bambini in un parco ma le speranze tradite di migliaia di risparmiatori, truffatori che scappano e vengono (spesso a dire il vero) beccati nonché patrimoni volatilizzati.
LE FASI DI UNA BOLLA FINANZIARIA
Guardate bene questo grafico perché tutti i trend si assomigliano in maniera quasi disarmante:

Generalmente ci sono 5 fasi di una bolla finanziaria:
- Quotazione. La fase di lancio dell’azienda, spesso con premesse esagerate puntando a vendere un prodotto che non esiste. Tante volte non viene neppure venduto il bene o servizio specifico ma il futuro di quel bene, il concetto stesso. Se si tratta di uno schema truffaldino, qui entrano gli unici che faranno i soldi.
- Boom. La buzzword dell’azione o dell’azienda comincia a girare nell’etere e diventa sempre più famosa. Le persone cominciano a investire nel prodotto in maniera sempre più massiccia e il prezzo lievita.
- Euforia. Chi ha investito nel Boom continua a mettere sempre più soldi perché il titolo cresce continuamente, spesso raddoppiando i valori mese su mese. Sparge ancora di più la voce perché è l’affare del secolo. Le premesse del CEO sono sempre più fantasiose ma la gente ci crede, d’altronde il titolo cresce, qualche istituto lo vuole mettere nel portafoglio. Tutto va bene fino a…
- Incasso dei profitti dei furbi. Chi ha lanciato l’azienda comincia a vendere capitalizzando il guadagno. Spesso viene venduto come un “ribilanciamento del portafoglio personale” oppure “come una scelta interna” o “una decisione già presa”. Se se…. stanno vendendo al massimo e capitalizzando i guadagni
- Panico e declino. Basta una voce, una fake news, un articolo di qualche giornale (tipo Wirecard), un problema in un paese vicino (come nel film Default) oppure un piccolo inciampo per far saltare il banco. Tutto crolla e la gente scappa cercando di salvare il salvabile. Se riguarda un sistema o un istituto finanziario, questa fase è chiamata anche Bank Run.
Questo schema si ripete nei secoli. Sempre uguale nella struttura.
PERCHÈ SI SVILUPPA UNA BOLLA FINANZIARIA?
Nel suo ultimo libro Come Sempre Housel suggerisce che la storia non sia ciclica, cioè con degli step che si ripetono ricorrentemente in maniera diversa ma affine, ma sia sempre diversa.
L’unica condizione simile è la natura umana in particolare le reazioni psicologiche agli eventi. Riuscendo a vedere la storia attraverso il ripetersi delle stesse reazioni su può capire quale sia il miglior modo di agire.
Complicatino, eh. Affascinante però.
Se guardiamo bene infatti la teoria della ciclicità è il classico esempio di bias dell’ Apofenia ovvero l’esigenza umana di razionalizzare gli eventi.
Lo spiega bene Alain in questa puntata di Too Big To Fail:
Seguendo quindi la teoria di Housel una bolla finanziaria capita perché la natura umana è avida, tende a decidere spinta dalle decisioni del gregge e sviluppa paure irrazionali come quella di perdersi qualcosa. La FOMO insomma.
Il continuo apprezzamento dell’azienda o del titolo porta tutti a credere come questi rialzi siano eterni e fa temere di essere tagliati fuori dal fare i soldi.
Questo sprigiona un’irrefrenabile desiderio di provarci e di irrazionalità.
Il premio nobel Richard Thaler con la sua teoria del gregge spiega bene come chi entra sul mercato in preda alla FOMO lo fa sempre in maniera tardiva e ai massimi di quotazione ed esce troppo tardi e con i prezzi crollati. Questo anche perchè non vuole realizzare di aver sbagliato (n’artro bias).
Il tema è complesso, se vi piace questo argomento di finanza comportamentale, leggetevi Nudge La spinta Gentile così evitate di farvi fottere.
LE PIU FAMOSE BOLLE FINANZIARIE PRIMA DEL 1929
Vi piacerebbe se parlassi delle classiche bolle finanziarie come la Dot Com, quella del 1929 o quella dei subprime?
Eh no, col cacchio. Quelle le conoscete quasi a memoria.
Uno dei grandi problemi di una bolla speculativa è far ritenere valido l’assunto “oggi è diverso”, come se tutti i paradigmi si ribaltassero per un caso unico.
Nello spiegarvi come nascono le bolle finanziarie, spero abbiate compreso che non è così. Cambia lo strumento, cambia il sistema, si evolve lo schema, però la natura umana continua a essere sempre simile.
Leggete un po’ di errori del passato per valutare correttamente il presente!
BOLLA DEI TULIPANI OLANDESI DEL 1636/1637
Tra tutte le bolle speculative prima del 1900 la più famosa di tutte è la bolla dei tulipani.
Un po’ perché è continuamente citata nei manuali o nei reel di finanza un po’ perché è molto moderna un po’ perché fa ridere che fosse originata da dei cazzo di fiori.
La bolla dei tulipani è considerata la prima bolla finanziaria documentata nella storia del capitalismo. Si verificò nella zona forse più ricca del mondo nei Paesi Bassi del 1600.
L’attuale Olanda e Belgio (le Fiandre) erano un’unica zona ricca di porti, industrie e di un moderno centro finanziario che aveva sostituito quello italiano dopo il 1500. Non per nulla ad Anversa c’è la prima borsa europea.
Il commercio di fiori era importantissimo e tra questi il gioiello era il tulipano. Introdotto dall’Oriente divenne il quarto prodotto di export del paese nonché uno status symbol.
Alcune varietà raggiunsero prezzi esorbitanti. Questo fece nascere un vivace mercato di compravendita e lo sviluppo di un mercato dei futures, in cui si acquistavano i bulbi piantati e poi addirittura quelli che sarebbero stati piantati nelle annate successive.
I compratori non avevano nessun interesse nel fiore, volevano solo speculare sul prezzo tant’è che questo non veniva neppure consegnato ma venduto su carta. Nacque un nuovo termine per definire la pratica, windhandel cioè “commercio del vento” perché… vabbè avete capito.

Nel 1637 scoppiò il bubbone in quanto l’asta di Alkmaar andò deserta. Tutti cominciarono a vendere e si entrò nella tipica frenesia da panic selling: vendere, vendere tutto.
Il mercato dei fiori olandesi è tuttora molto importante per l’economia locale ma i tribunali andarono incontro a migliaia di cause e moltissimi finirono sul lastrico perché esposti a leve da far venire i brividi.
La borsa di Amsterdam accolse la lezione della bolla cominciando a legiferare sui contratti di opzioni e mettendo limiti più stringenti sui contratti future. Ad esempio attraverso una scadenza e la possibilità di risolvere anticipatamente il contratto.
Roba molto moderna.
BOLLA DELLA MISSISSIPPI COMPANY IN FRANCIA NEL 1719
Come solito nella storia economica francese gli amici mangiarane nel 1700 erano pieni di buffi. Così tanto che pure i peggiori cravattari di Marsiglia avevano gettato la spugna.
Nel secolo precedente Luigi XIV aveva gestito le casse pubbliche peggio della sua igiene personale causando buchi di bilancio enormi per le casse del regno.
Quanto grandi? Vi dico solo che il Re Sole fece solo 2 bagni completi in vita.
La Francia divenne un laboratorio economico senza pari dove tantissimi esperti provarono le più disparate soluzioniper rilanciare gli investimenti e contenere il crescente debito pubblico. Si passò dall’ultraliberismo sino a protezionisti estremi fino ai… cialtroni.

Nonostante fosse molto apprezzato da Schumpeter tra questi “cialtroni” c’è lo scozzese John Law.
Dopo un inizio di vita tormentata John gira l’Europa per proporre la sua idea: superare il sistema monetario basato su monete d’oro e d’argento a favore della cartamoneta. Per determinare il valore di ogni banconota non si sarebbe neppure utilizzato come collaterale il controvalore dei depositi in beni preziosi ma la terra.
Questo avrebbe permesso di espandere la quantità di moneta sul mercato e quindi fluidificare l’intero sistema economico grazie a maggiore ricchezza e investimenti mirati.
Bello eh? Insomma! Giovannone prese pizze un po’ ovunque tranne dai franciosi che avevano disperatamente bisogno di un salvatore. D’altronde alla morte di Re Sole nelle casse dello stato c’erano 700.000 Livres a fronte di un deficit di 78.000.000 di Livres. Poi vi lamentate del debito pubblico italiano.
Tra chi proponeva di dichiarare bancarotta e chi cercava un cazzo di bagno nella reggia di Versailles il Duca d’Orléans affidò a Law la possibilità di sperimentare la sua teoria. Questo anche perché Law cacciava dei soldi suoi per provarci, quindi un win win.
In breve John ebbe il permesso per aprire la Banque Générale a cui fu permesso di emettere cartamoneta con collaterale l’oro posseduto dal regno. I risparmiatori si cominciarono a fidare quindi iniziò il secondo step: l’acquisto della Mississippi Company.
Con il proventi della quotazione delle azioni della compagnia John cominciò a ricomprare i billets d’etat, una sorta di bot del tempo. In pratica il debito pubblico francese. Oltre a questo ottenne denaro fresco per sviluppare nuovi progetti e finanziare l’esercito.
In poco tempo la politica economica di Law si rivelò un successo. La Banque Générale venne nazionalizzata trasformandosi nella Banca Centrale di Francia di cui ne divenne Governatore Generale, il debito diminuì e la quotazione della sua Mississippi Company fu un successo pazzesco: il 2000% rispetto al valore dell’IPO.
In sostanza in poco tempo Law stava trasformando un’economia feudale in una moderna, basata sulla moneta stampata che aveva come valore di riferimento i beni del regno: oro, tasse future, proprietà immobiliari, la terra e le colonie.
Questo generò un circolo virtuoso: l’economia esplose, i soldi fluivano per nuove imprese e le quotazioni azionarie della borsa parigina schizzarono al cielo.
Il resto lo fece l’euforia collettiva. Tutti volevano diventare ricchi facilmente. Si creò una mania per investire nella compagnia del Mississippi e nelle imprese di quel genio di Law.
Circolavano fake news in cui si fantasticava delle ricchezze di quel pezzo di mondo e ormai anche i servi investivano tutti i risparmi nella magia dei mercati.
Fu inventato persino un nuovo termine per chiamare i nuovi ricchi: milionari.
Però poi, ecco, arrivò la realtà.

Ho definito Law un cialtrone. Onestamente non lo era. Forse era un anticipatore dei tempi, forse non capì che il Re cominciò a stampare cartamoneta anche senza il suo permesso, forse non capì a cosa portava una stampa eccessiva di banconote.
I prezzi dei beni cominciarono a salire. Per mantenere il tenore di vita la risposta fu aumentare ancora la moneta in circolazione, cosa che… aumenta ancora di più l’inflazione.
Tutto si reggeva su un filo del rasoio e alla fine arrivò il panico. Quando i ricchi francesi cominciarono a chiedere la conversione della cartamoneta in oro fisico (come da contratto) subentrò il panico e la gente si tuffò allo sportello per chiedere oro..
C’era un problema. La Banca Reale aveva stampato moneta per 5 volte l’oro in cassaforte. Non era fisicamente possibile restituire il denaro a tutti.
Le azioni della Mississippi Company crollarono. L’azienda fu nazionalizzata., il regno francese fu di nuovo pieno di debiti e fu costretto ad alzare le tasse. Nel frattempo Law scappò a Venezia dove morì indigente.
Questo è il meno. I cittadini persero ogni speranza nei confronti della classe politica francese e diventarono apertamente ostili. I tentativi di conciliare un’economia moderna in Francia si scontrarono con le ritrosie delle classi benestanti il che contribui alla rivoluzione francese del tardo settecento.
BOLLA DELLA COMPAGNIA DEL MARE DEL SUD
John Law con la sua compagnia del Mississippi fece scuola e un suo imitatore, Robert Harley (conte di Oxford) replicò nel 1720 uno schema simile in Uk.
Paese al tempo pieno di debiti (9 milioni di sterline) a causa delle recenti guerre.
In cambio dell’acquisto di questi debiti da parte del Conte lo stato concesse alla Compagnia del Mare del Sud, di proprietà dell’Oxford, di avere il monopolio dei commerci con le colonie spagnole del Sud America.
La South Sea Company doveva quindi usare i profitti dati dall’attività per ripagare il debito pubblico inglese. In questo modo era persino creditrice dello stato stimando la totale restituzione del debito nel 1727.
La compagnia però invece di lavorare sul creare un business model sostenibile si preoccupò di più del mercato azionario. Cominciò a raccogliere capitali tra gli investitori con promesse sempre più assurde fantasticando sui tesori di quelle terre lontane. Molte persone influenti della corte ricevettero opzioni sulle azioni come incentivo per la promozione della compagnia che vide così aumentare il suo valore considerevolmente: da 130 a 950 sterline.
Persino Isaac Newton investì nella compagnia… e perse quasi tutti i guadagni di una vita, pari a quasi 4 milioni di euro attuali.
La compagnia infatti non guadagnava un centesimo. Chi era vicino al Conte di Oxford lo sapeva e cominciò a vendere le quote. Si scatenò un panico diffuso nella borsa inglese che il parlamento tentò di tamponare con il Bubble Act (esatto, Bolla).
I prezzi delle quotazioni furono calmierati anche grazie ai fondi sottratti dagli investimenti inglesi in Francia (ehmm… Mississipi) ma non basto. Le quotazioni crollarono a picco.
Molti risparmiatori finirono sul lastrico, il debito pubblico incrementò ancora di più e il Bubble Act bloccò il mercato azionario per quasi 100 anni: infatti divenne impossibile comprare azioni di una società quotata.
BOLLA DELLE BICICLETTE NEL MERCATO INGLESE 1896/1899
Se per noi oggi la modernità sono le auto elettriche o le AI in passato erano le aziende di internet della Dot-Com e andando ancora più indietro quelle delle biciclette.
Pensateci: un mezzo di spostamento economico, capace di sostituire il cavallo, non necessità di mangime e non ha bisogno di troppa manutenzione.
In una società come quella della rivoluzione industriale ciò permetteva a chiunque di avere un mezzo per spostarsi velocemente nelle sempre più grandi metropoli occidentali.
Indovinate?
Cominciarono a quotarsi sulla borsa londinese centinaia di aziende produttrici di biciclette.
In un periodo di grande crisi economica continentale il settore delle biciclette era l’unico in crescita sia a livello di dividendi che di market cap.
Il settore aveva potenziale e crebbe enormemente. Nel 1897 vennero prodotte 350 mila bici, il 15% dei brevetti inglesi riguardava questo mercato e nel solo 1897 si quotarono sulla borsa londinese 127 nuove società.
C’era un grosso problema. Chi investiva nel mercato pensava al guadagno a breve: comprava, gonfiava il prezzo e poi rivendeva al primo babbeo. Già a maggio del 1897 il mercato era illiquido.

William Quinn
Il problema è che le società quotate erano gestite male, avevano standard produttivi bassi, spesso poi erano vere e proprie truffe: bastava quotarsi e aggiungere la parola “bicycle” per racimolare il denaro di qualche investitore disattento.
Vi ricorda qualche storiella della bolla della dot com?
L’aumento di società comportò una serie di problemi:
- Spirale discendente della qualità
- Frammentazione e saturazione del mercato
- Sovrapproduzione
- Intensa concorrenza sui prezzi
All’inizio del secolo il mercato era ormai saturo, la domanda bloccata e le aziende erano piene di debiti. Quando sul mercato entrarono i modelli americani, più economici e fatti meglio, il settore fu spazzato via dalla borsa londinese.
Dopo oltre 100 anni rimane una sola azienda di quel periodo ancora in vita, la Dunlop Company. Si salvò proprio perché capace di differenziare il suo business.
LA RAILWAY MANIA DEL 1840
La mania della bolla delle biciclette ha una un preambolo: quello della cosiddetta Railway Mania degli anni ’40 del 1800.
In questo periodo di fertile cambiamento nacquero decine di società intente a costruire il nuovo sistema ferroviario inglese favorito da una politica economica liberale e dall’abrogazione del Bubble Act del 1720… si quello fatto dopo il crollo della compagnia del mare del sud.
Questo limitava l’apertura di nuove società e soprattutto fissava un massimo di 5 soci. Eliminandolo questo limite chiunque poteva investire nelle aziende quotate.
Le aziende si moltiplicarono come conigli erotomani: il governo infatti assegnava la singola tratte a una singola società così che ne nascevano sempre di nuove. Per dire, solo nel 1846 ci furono ben 263 nuove compagnie ferroviarie.
Ognuna di queste poi faceva una campagna di marketing martellante sui giornali.
Un altro po’ di pepe? Le azioni potevano essere acquistate anche solo con un deposito del 10%, la compagnia ferroviaria si riservava il diritto di richiedere il resto in qualsiasi momento. Moltissime famiglie, sicure del ritorno dell’investimento, investirono tutti i risparmi e poi ahimè, persero tutto quando la bolla scoppiò.
Nel 1847 in molti notarono come le previsioni di crescita del mercato fossero irrealistiche e cominciarono a vendere, ciò portò al cosidetto panico del 1847.
Le aziende più in difficoltà cominciarono a richiedere il deposito non versato dagli investitori e questo portò a una spirale drammatica: sopravvissero solo poche aziende del settore, quelle più grandi comprano quelle piccole. Nel mezzo moltissimi risparmiatori finirono sul lastrico e ci misero decenni a riprendersi.
Ok, questo porto a 10.000 km di nuove infrastrutture in UK ma a un prezzo sociale enorme e con costi esagerati.
Ah si, chi ci fece i soldi erano i proprietari delle aziende erano politici nazionali e locali che trovarono molto facile perpetuare questo schema nei tempi d’oro della bolla.
CONCLUSIONE SULLE BOLLE FINANZIARIE NELLA STORIA
Lo so è un articolo infinito. Mi piace il tema e credo proprio sarà il preambolo per fare un nuovo podcast che parla della storia finanziaria… a modo mio.
Se non sapete come agire in tempo di mercati incerti io ho una regola del pollice: andate su Fear and Greed Index e guardate dove è posizionato l’ago della bilancia. Se è agli estremi, stateve fermi.
Ho fatto errori? Si! Segnalateli perché ricostruire certi temi è davvero difficile.
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