Da quando mancava un articolo alla super quart su qualcosa? E perchè non fare un bel recappone sulla storia dell’indice della borsa americana?

Anzi degli indici di borsa americani.

Eh si perché i cugini yankee oltre al grilletto facile hanno anche molto fantasia nella creazione di indici azionari. I più famosi sono 3: Dow Jones, il Nasdaq e l’S&P 500.

Contenti? Felicioni?

storia degli indici borsa americano

Gnè gne gnè.

Ci fosse una santa volta in cui siete interessati ai miei fantastici articoli a tema storico. E dire che sia in questo o in quello del Diderot Effect ci ho speso un sacco di tempo.

Sapete qual è il vostro grande problema miei cari lettori? Io sono in parte sardo e in parte maremmano quindi geneticamente non conosco il concetto di rinuncia, quindi…

COSA SONO GLI INDICI DI BORSA? COME SONO CLASSIFICATI?

Un indice di borsa (o indice azionario o indice borsistico) misura l’andamento di un gruppo di azioni quotate in una specifica borsa, per un determinato paniere o per area geografica.

Grazie agli indici è possibile confrontare e seguire l’andamento nel tempo di un intero settore economico o geografico.

Bello eh? Ma gli indici cambiano nel tempo quindi quali sono le azioni incluse nel paniere? Come vengono scelte? E come sono distribuite all’interno dell’indice stesso?

Questo problema si chiama ponderazione e per risolverlo sono usati ben 4 metodo differenti: equally weighted, price weighted, value weighted e quello di sostenibilità.

INDICI EQUALLY WEIGHTED

Gli indici Equally Weighted sono quelli i cui i titoli hanno lo stesso peso indipendentemente dalla capitalizzazione (= quanto è coatta) l’azienda.

INDICI PRICE WEIGHTED

Negli indici price weighted la composizione varia a seconda del prezzo dei titoli. Se il prezzo di un titolo azionario aumenta più degli altri, automaticamente aumenta anche il suo peso all’interno dell’indice.

Questi indici non rispecchiano correttamente l’andamento di un intero portafoglio in quanto quelli più costosi hanno una maggiore preponderanza a prescindere dalle dimensioni o dal numero di azioni presenti sul mercato.

Esistono solo due indici che continuano a seguire questo metodo di ponderazione delle azioni: il Nikkei giapponese e il Dow Jones, l’indice di borsa più vecchio al mondo.

INDICI VALUE WEIGHTED

Il Value Weighted è il metodo di ponderazione più utilizzato dagli indici internazionali come lo S&P 500 americano, il CAC 40 francese, il DAX 30 tedesco e il nostro FTSE MIB

In questo caso il peso di ciascun titolo è proporzionale alla sua capitalizzazione in borsa.

La capitalizzazione azionaria è ben diverso dal prezzo. Il prezzo è il valore di una singola azione (la quota) di un’azienda, la capitalizzazione è il valore totale delle azioni in circolazioni sul mercato.

Un’azienda potrebbe avere sul mercato 3 azioni da 1000€ e un’altra avere 1000 quote da 100€. La seconda azienda sarebbe quella più capitalizzata mentre la prima quella più costosa per singola azione.

INDICI DI SOSTENIBILITÁ

Sono indici che pesano i titoli secondo principi alternativi ai normali criteri economici o matematici. In generale riguardano valutazioni di responsablità di impresa come la sostenibilità ambientale, sociale, criteri ESG, etici e altro.

Gli indici halal della finanza islamica sono un esempio di questi indici.

ALTRI INDICI E PROBLEMI DI CALCOLO

Gli stessi indici possono avere delle sottocategorizzazioni a seconda del settore di mercato ad esempio il settore industriale, della moda o dei servizi.

C’è inoltre un piccolo problema nel calcolo dei pesi nel tempo. Un problema che riguarda anche noi italiani, in quanto è tipico dell’andamento del MIB.

Quando vengono emessi dei dividendi questi causano un calo del prezzo dell’azione. Tecnicamente sono un guadagno da parte dell’azionista ma gli indici generalmente considerano solo il prezzo di mercato nudo e crudo, dividendi esclusi.

Questo può causare una certa distorsione nell’analisi dell’andamento di un indice borsistico e proprio per sopperire a questo gap si stanno diffondendo gli indici total return, il cui calcolo tiene in conto anche lo stacco e reinvestimento dei dividendi.

L’indice tedesco ad esempio è diventato un total return mentre il nostro FTSE MIB ancora no.

LA STORIA DELL’INDICE BORSA AMERICANO

Magari un giorno affronteremo la storia (interessantissima peraltro) della Borsa Italiana, per ora ci concentriamo sugli indici americani anche perché qui c’è quello più antico nel mondo, esattamente il primo di cui vi parlo.

logo indice dow jones

DOW JONES: IL NONNO DEGLI INDICI

Il nome completo del Dow Jones è Dow Jones Industrial Average e si chiama così perché al tempo della sua creazione l’industria era il settore preponderante di qualsiasi economia nazionale.

Essì, il Dow Jones è un vecchietto! Infatti è stato creato nel 1896 dai due giornalisti finanziari Charles Dow e Edward Jones i quali volevano avere un indicatore per capire meglio l’andamento dell’industria USA.

All’inizio l’indice comprendeva 12 aziende, tra cui General Electric, American Tobacco e US Steel e un’altra sbraca di società che nel frattempo sono fallite. Il numero di aziende e la composizione è cambiata oltre 52 volte ed oggi conta 30 blue chips tra cui Apple, Coca-Cola, Disney e McDonald’s.

Come detto il DJI (qui se volete vedere la media storica) è un indice price weighted e cioè le aziende con un prezzo per azione più alto pesano di più: il valore dell’indice è la somma dei prezzi a chiusura di mercato delle 30 società diviso per un coefficiente.

Nonostante l’industria abbia perso importanza nei mercati sviluppati il Dow nel 20° secolo ha registrato un rendimento medio annuo del 5,3%. Mica male.

Eppure la cosa bella del Dow Jones è quello che rappresentata. Nessuna delle aziende comprese nella prima lista è ancora presente nell’indice, molte sono morte e sepolte.

Il Dow è ancora qui come l’economia che rappresenta: il mondo cambia eppure noi umani siamo ancora qui.

Nasdaq, S&P500 e Dow Jones: storia degli indici borsa americana! - Finanza Cafona

BREVE STORIA DEL NASDAQ: IL PARADISO DELLE SOCIETA TECH

Se il Dow Jones è l’indice più antico del mondo e che riguarda un settore “vetusto” come quello dell’industria tradizionale, il Nasdaq Composite, Nasdaq per voi turisti dell’investimento, è il mercato più giovane (nato nel 1971) e il primo esempio di mercato borsistico elettronico.

Una piccola premessa prima di cominciare in quanto Nasdaq è tre cose sullo stesso nome:

  • Un indice borsistico (quello di cui vi sto parlando cioè il Nasdaq composite)
  • La seconda borsa valori più grande al mondo con sede a New York e proprietaria di tutte le borse valori scandinave sotto il nome di Nasdaq Nordic (che comprende quella di Copenaghen, Stoccolma, Helsinki, Riga, Tallin, etc)
  • Una multinazionale società quotata in borsa e che si chiama Nasdaq inc.

Qui però parliamo dell’indice che nasce in contemporenea con la borsa nel 1971 con un valore base di 100 punti. A dire il vero Nasdaq fino a metà degli anni ’80 non contava una fava nel mercato americano e cominciò a crescere con la rapida ascesa delle società tech come Apple o Microsoft, che si quotarono proprio su questo mercato.

La caratteristica del Nasdaq è proprio questa: il fatto che si quotino le più importanti società tecnologiche, innovative o quelle categorizzabili sotto il termine “growth stock”.

Dalle 50 aziende alla nascita dell’indice oggi ce ne sono oltre 3000. Il Nasdaq composite infatti (l’indice originale) contiene quasi tutte le società quotate sull’omonima borsa.

Proprio per contenere la bulimia del composite sono nati due versioni più ristrette chiamati Nasdaq 100 e che comprendo le s.p.a più capitalizzate della borsa. Di questo sotto indice ne esitono due diversi: uno dove sono escluse le aziende del settore finanziario, l’altro (il Nasdaq Financial-100) con solo aziende bancarie, di prestiti e altro.

A differenza del Dow l’indice è ponderato per capitalizzazione cioè i vari pesi delle aziende dipendono da quanto è “grossa” l’azienda.

Il grande problema del Nasdaq è stata, paradossalmente, la crescità enorme di un numero limitato di aziende. Le 5 aziende più capitalizzate (Apple, Microsoft, Google, Amazon e Nvidia) avevano un peso combinato del 46,7% sull’intero composite 100!

A luglio 2023 questa percentua delle big five è stato limitato al 38,5% ma chi investe in questo indice, in sostanza, si espone enormemente ad un numero limitato di corporation il cui giorno sbagliato può tirare giù tutto l’indice. Di base infatti il Nasdaq è noto per avere una certa volatilità con bassi (tipo la bolla della dot com) e alti a seconda del ciclo economico.

Però oh, quà c’è la crème de la crème dell’innovazione, infatti dal 2007 al 2023 ha garantito un rendimento medio annuo del 16,29%.

Occhio a fare il confronto con il Dow Jones! Per il vecchietto parliamo di un rendimento medio di un secolo quà di appena 20 in anni e… di grande ascesa!

logo indici s&p500 standard & poor's 500
Il logo è cambiato mille volte ma questo è più bello

L’S&P500: L’INDICE PIÙ DIVERSIFICATO

Questo è l’indice che mi è più simpatico.

Primo perché contiene nel nome la parola Poor. Anche se il termine non è inteso come il “povero” ma come menzione a sto tizio quà a me l’assocazione fa molto ridere soprattuto perché dentro ci sono, in pratica, le 500 aziende più importanti degli Stati Uniti e in parte dell’intero mondo.

Mi piace il vecchio logo e infine perché è una giusta mediazione tra i veterano (e un po’ antiquato) Dow Jones e il ragazzino e super aggressivo Nasdaq.

Già nel 1923 all’interno delle società di rating Standard & Poor’s c’è la genesi del S&P 500 con la creazione di un primo indice contenente 233 società americane e aggionato settimanalmente. Solo pochi anni questo venne ridotto a 90 aziende ma aggiornato giornalmente.

La nascità vera e propria dello Standard & Poor’s 500 però è nel 1957 con l’intento di misurare l’andamento delle principali società americane di diversi settori, non solo in quello industriale come il Dow Jones.

Le aziende selezionate inizialmente furono 500 (tra cui IBM, General Motors e Exxon) mentre oggi sono arrivate a 505. Il criterio di selezione rimane comunque parecchio rigido in quanto tiene conto della:

  • Capitalizzazione
  • Volume del transato in borsa
  • Liquidità
  • Quotazione su NYSE o NASDAQ (la borsa eh)
  • Sede negli USA
  • Serie di limitazioni burocratico amministrative

Visto il gran numero di titoli, l’ampia diversificazione dei settori e delle aziende è uno degli indici più perforamanti al mondo. Nell’ultimo trentennio ha avuto un tasso di crescita composito del 10,52%.

andamento storico s&p 500 borsa americana
Grafico e fonte dati Curvo

Avete presente quando sentite vari Guru americani dire che il mercato cresce dell’11% annuo come media storica? Ecco si riferiscono al S&P500!

Ah, come per il Nasdaq composite sono nate decine di varianti, da quelli settoriali, sino alle versioni ristrette. Quello più interessante (c’è anche un ETF omonimo) è il S&P 500 Dividend Aristocrats ovvero quello che comprende tutte le società che emettono dividendi da almeno 25 anni di fila.

CONCLUSIONI SULLA STORIA DEGLI INDICI BORSA AMERICANA!

Ah ragà, ma quanto è bella questa mia sublimazione del racconto storico applicata alla finanza personale?

Quanto mi vedreste in una cattedra a pontificare sul passato mentre indosso la mia bella giacca in tweed da testa di cazzo falso intellettuale? Che sogno!

Vabbè, spero di avervi fatto scoprire qualche curiosità interessante e avervi dato modo di sembrare dei fini conoscitori della materia quando siete seduti a tavola e volete fare bella impressione.

Ah, se ho scritto cacate segnatelo nei commenti!

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Sull'autore

FinanzaCafona

Founder & Editor

Sono un povero come te che scrive la maggior parte degli articoli di questo blog. Non mi dare troppo retta perché sono un fesso senza studi economici o finanziari però, se vuoi, puoi amarmi.

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