Avete presente il vecchio adagio “Chi più spende meglio spende”?

I detti popolari sono spesso strapieni di stronzate ma ogni tanto sintetizzano una lezione importante, come in questo caso.

Viviamo in una società di prodotti usa e getta. E anche se i beni costosi non siano necessariamente di qualità è spesso vero che spendere di più procuri un risparmio nel lungo periodo.

Quindi oggi vi spiego come applicare il concetto contabile di ammortamento allo shopping.

ammortamento e acquisti

No, non ci sono tabelle pazze come nell’articolo sulle capsule di caffé, scialla!

Quando facciamo dello shopping confondiamo sempre il valore assoluto e il valore relativo.

Con il valore assoluto si intende semplicemente il confronto tra due prezzi.

Tra una scarpa che costa 60€ di discreta qualità e una di 200€ in termini di convenienza la migliore scelta sarà quella meno cara.

Ma per essere dei consumatori intelligenti bisogna farsi una domanda:

Qual è il valore relativo?

È un quesito basilare per non spendere male i propri soldi. E un calcolo intelligente si può fare solo prendendo in prestito il concetto contabile di ammortamento.

COS’È L’AMMORTAMENTO CONTABILE

In poche parole l’ammortamento è il processo di allocazione del costo di un bene lungo tutta la sua vita utile.

Si tratta di una pratica contabile usata per distribuirne la spesa nel tempo in modo da “ammortizzare” l’acquisto andando di pari passo con l’effettivo utilizzo dell’oggetto. 

Insomma, invece di inserire a bilancio la spesa in un’unica tranche questa viene frazionata come se si trattasse di micro rate.

Possiamo reinterpretare questo principio anche nella finanza personale.

COME APPLICARE L’AMMORTAMENTO ALLE SPESE PERSONALI

Vi ho spiegato in maniera dozzinale come funziona l’ammortamento e, vista la diversa contabilità, è impossibile da applicare alla gestione delle spese private.

Però è molto interessante uno dei concetti cardine:

Dividere il costo del bene spalmandolo sugli anni di utilizzo

Faccio un esempio, vah, così mi seguite.

Abbiamo due calzature: una da 60€ e una da 200€.

Le scarpe sono simili nei colori, nella forma e hanno stessa funzione (abbigliamento casual). I brand sono differenti ma si tratta di due beni sostituti.

Non è una regola aurea ma, in genere, i prodotti di qualità migliore sono più cari. Non parlo di firme, le quali fanno spesso schifo come i capi di H&M, ma di qualità. 

Nel mostro esempio la scarpa da 200€ è la più cara e la migliore qualitativamente. 

Facendo un ragionamento assoluto (il prezzo) la scarpa da 60€ è la migliore scelta se si vuole risparmiare. Essendo però di una qualità più bassa il suo ciclo di vita sarà minore e quindi la utilizzeremo per meno tempo.

Poniamo che dopo un anno di utilizzo si rompa e sia inutilizzabile.

Considerando il costo per mese, con l’ammortamento, il costo della scarpa sarà quindi di:

60€ / 12 mesi = 5€

La scarpa da 200€ invece è un modello costruito meglio, con materiali migliori e un modello classico.

Potete usarla per un periodo decisamente più lungo e infatti vi dura ben 4 anni prima di dare segni di cedimento: 

200€ / 48 mesi = 4,1€

Visto come costa di meno?

E vi dimenticate una cosa! I prodotti low cost sono costruiti peggio!

Questo vuol dire che oltre a durare meno sono più difficili da riparare.

Se vi si stacca la suola in gomma di una sneakers potete buttarla. Sono costruite così e lì finisce il loro ciclo di vita.

Se invece avete acquistato una bella calzatura da uomo (tipo quelle di Cardinale) basta un buon artigiano e potete usarla per altri 4 anni come fosse nulla.

Lo stesso discorso riguarda anche giacche, cappotti e jeans.

Il mio brand preferito, Nudie Jeans, fornisce un kit gratuito per riparare i propri modelli!

Ho jeans con 8 anni di vita sulle spalle (anzi, sul culo). Altri brand come Patagonia offrono le riparazione gratis a vita per gran parte dei loro modelli ed esistono molti altri brand con la stessa filosofia.

Sembra un discorso di abbigliamento ma vale un po’ per tutto. E anche se i prodotti tech soffrono di obsolescenza vale il discorso “più si spende, meno si spende”.

I LIMITI DELLO SHOPPING CON AMMORTAMENTO

Chi lavora nella sezione finance o amministrativa di qualche azienda si starà già strappando i capelli.

Però non borbottate e e fatemi toccare i 3 punti fondamentali fino a qua:

  1. Non siamo un’azienda ma delle persone fisiche
  2. Dobbiamo comprare con cognizione di causa
  3. ‘ndo cazzo si trovano i prodotti di qualità?

1. NON SIAMO UN’AZIENDA

L’ammortamento ha senso per le aziende.

Invece di inserire la spesa a bilancio in una botta sola questa viene splittata su più mensilità (e anni) in modo da seguire il ciclo di vita di un prodotto.

Se non fosse così gli anni in cui si fanno investimenti per migliorare l’azienda sarebbero perennemente in perdita. Essendo però degli individui non abbiamo alcun vantaggio fiscale nell’agire secondo questo metodo.

E questo però ve l’ho già detto, basta fa i saputelli.

Certo un privato potrebbe complicare il ragionamento attraverso l’uso di specchi e leve usando come pagamento le rate a tasso zero (fessi se lo fate con la carta di credito!) ma non si sembra il caso di affrontare l’argomento.

Il vero vantaggio è quello nel punto 2.

2. COMPRARE USANDO LA TESTA

Se vogliamo qualcosa abbiamo la tendenza a comprarla e basta.

Siamo capaci di trovare qualsiasi giustificazione per la nostra azione rendendoci conto solo dopo dell’immane minchiata fatta.

È un meccanismo tipico di chi non sa progettare l’uso del proprio denaro.

Mica siete soli, è pieno di gente così.

Gente su cui userei volentieri questo tipo di punizione pubblica:

E questa è quella moderata eh!

Basta davvero pochissimo per evitare questo atteggiamento: accendete il cazzo di pulsante su quella cosa che avete sotto i capelli. Ragionate.

Quando vi trovate un prodotto davanti ponetevi domande come “davvero ne ho bisogno?” o “migliora la mia vita?” e poi valutate l’acquisto.

L’ammortamento serve per valutare quanto siete disposti a spendere e se un prodotto conviene più di un altro nel lungo periodo, non solo nel breve.

Io quando compro penso all’oggetto che mi serve. Non penso a un marchio, a un negozio, penso all’ambito merceologico del bene, in generale.

Che ne so… uno smartphone compatto, un paio di scarpe da trekking oppure uno zaino.

Non faccio mai partire la ricerca da ciò che trovo in negozio ma da cosa mi serve: che materiale vorrei? Cosa si adatta di più alle mie esigenze? Quanto vorrei durasse? Quali caratteristiche mi servono?

Quando mi sono dato una risposta a queste domande cerco il prodotto sul mercato che sia il più vicino a quello idealizzato. O perlomeno quello capace di soddisfare al meglio la mia esigenza.

Prendo poi l’oggetto e lo metto nella mia solita lista dei desideri lasciandolo decantare per qualche settimana. Se rimane là dentro vuol dire che lo voglio davvero.

In questa maniera si ottiene un triplo risultato:

  • Si compra guardando al medio/lungo periodo
  • Si valuta l’effettiva necessità (e si ha tempo per trovare sconti)
  • Non si fa un acquisto perché spinti dal marketing di una cazzo di azienda con un fracco di soldi.

Insomma così si usa davvero la testa!

Il problema però è trovare un oggetto di qualità.

3. LA QUALITÁ COME SI RICONOSCE?

La domanda delle domande è questa.

Se seguite il mio metodo nella fase di ricerca incapperete in tantissimi piccoli marchi e prodotti aziende sconosciute. Spesso la migliore qualità si nasconde sotto le coltre di cartelloni pubblicitari e mode passeggere.

Però diciamolo! Per i nostri nonni e genitori riconoscere un prodotto di qualità era più semplice: un oggetto che costava di più era generalmente migliore, stop.

Il nostro mondo negli ultimi decenni è cambiato e ciò che costa di più non è sempre migliore. L’alta moda e gli oggetti di lusso non ragionano più tanto nel differenziarsi sulla qualità ma sul concetto di esclusività. Producono pochi pezzi (o vi dicono di farlo) e lo vendono a carissimo prezzo.

Generalmente quindi vendono merda per un sacco di centoni.

Se cercate qui una guida per cercare buoni prodotti, io la risposta non lo so. È difficile.

Nella mia misera esperienza ho notato che i beni di qualità si trovano in posti insospettabili: piccoli produttori d’olio nelle campagne sabine, il negozietto gestito da un signore impolverato, fabbriche disperse nella provincia o da qualche coraggioso negoziante reazionario (Cardinale Scarpe parlo di te). 

Per riconoscere questi prodotti bisogna avere occhio, perseveranza e cercare. 

È una faticaccia lo so, ma secondo me vale la pena.

MA QUINDI?

Capisco, vi ho confuso più che darvi una mano.

Il punto è che spesso siamo vittima di scelte scellerate. Sembrano piccole e poco dannose ma, come una piccola pallina di neve, si gonfiano fino a procurare una valanga.

Un vecchio professore mi diceva che “economia” deriva da una parola greca e vuol dire “gestione della scarsità”. Forse mentiva eppure mi è rimasto impresso.

Se ha ragione i soldi buttati in acquisti superficiali e non ponderati sono uno spreco di occasioni o di investimenti che avreste potuto fare per migliorare la vostra vita.

Non dico dobbiate essere impallinati ma vale la pena fare cazzate per non pensare?

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FONTE IMMAGINE: Generata con Ai

Sull'autore

FinanzaCafona

Founder & Editor

Sono un povero come te che scrive la maggior parte degli articoli di questo blog. Non mi dare troppo retta perché sono un fesso senza studi economici o finanziari però, se vuoi, puoi amarmi.

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